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Marzo 24, 2024La morte di Aleksej Naval’nyj rappresenta l’ennesima picconata al rispetto dei diritti umani in Russia. Con l’ulteriore beffa della “difesa d’ufficio” del regime russo, che parla di cause di morte naturali.
Certo, la narrazione di regime ha parecchi megafoni anche qui da noi: non stupiscono le giravolte retoriche dei colleghi consiglieri della Lega.
Non stupisce che, seguendo il proprio leader nazionale che definisce Putin una delle personalità politiche più lungimiranti, i colleghi in Regione lo qualifichino come il miglior interlocutore per l’Europa.
Non stupisce la surreale teoria che la morte di Naval’nyi sia provvidenziale per la resistenza Ucraina in un momento di difficoltà, e che quindi certamente il regime russo aveva tutto l’interesse a tenerlo in vita, in una prigione siberiana sottozero, forse avvelenato, forse torturato.
Certo, tutti siamo per una soluzione diplomatica del conflitto, ma due cose sono innegabili. La prima è l’instabilità politica che la Russia sta creando non solo con il conflitto in Ucraina, ma in numerosi altri teatri. La seconda la lunga scia di sangue che connette tutti gli oppositori politici di Putin.
Su questo l’Europa è chiamata a giocare un ruolo da protagonista e a prendere posizione in modo forte, senza limitarsi a essere cuscinetto tra Cina e USA.
Per questo ho convintamente appoggiato e sottoscritto la risoluzione a prima firma di @pasquale Gerace che chiede alla Giunta di prendere in esame l’istituzione di borse di studio e premi dedicate alla figura di Naval’nyi, l’intitolazione di una strada nei territori dei Comuni della Regione e di attivarsi con le istituzioni competenti per promuovere il rispetto dei diritti umani in Russia. Andiamo avanti, senza paura.